mercoledì, luglio 05, 2006

IL REGIME TRANSITORIO NEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI IN GENERALE E NEL SETTORE SPECIALE DELLA DISTRIBUZIONE DEL GAS.

1. Introduzione; 2. Il regime transitorio nel Testo Unico degli Enti Locali; 3. Eccezioni e differimenti; 4. Il periodo transitorio nel settore speciale della distribuzione del Gas: dal D. lgs n. 164/2000 (c.d. Decreto letta) al D.L. 30-12-2005 (c.d. Milleproroghe).

1. Il regime transitorio nella gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, si giustifica con l’esigenza di preparare il settore pubblico ai principi ispiratori della riforma secondo il modello definito dall’art. 113 del D. lgs n. 267/2000 - Testo Unico degli Enti locali - (da ora TUEL), incentrato sull’affermazione dei valori della concorrenza, dell’evidenza pubblica degli affidamenti, della trasparenza, in quanto precedentemente gran parte degli affidamenti erano realizzati dagli enti locali senza esperire una gara ma attraverso il c.d. convenzionamento diretto col soggetto gestore.
Prima della riforma dei servizi pubblici locali e dell’entrata in vigore del TUEL, inoltre, il rapporto enti locali-gestore, era caratterizzato dalla presenza di un solo soggetto che prendeva in gestione la rete di proprietà degli enti locali e mediante la stessa procedeva all’erogazione del servizio. La riforma del TUEL, viceversa, ha previsto, sin dall’origine, la scissione tra fase gestoria e attività di fornitura del servizio all’utenza quale meccanismo tale da massimizzare l’efficacia della gestione e, di riflesso, consentire risparmi di spesa per gli enti locali attraverso lo sviluppo di una concorrenza affettiva tra gli operatori interessati alla gestione delle reti e del servizio.
La realizzazione del modello previsto dal TUEL, tuttavia, non poteva dirsi di facile ed immediata realizzazione in quanto, gli enti locali non erano adeguatamente preparati ai mutamenti radicali imposti dal nuovo modello gestorio, ragion per cui, il legislatore è intervenuto attraverso la previsione di un regime transitorio, quale lasso di tempo a disposizioni degli enti locali per studiare e comprendere a fondo le linee portanti della riforma.
Il primo regime transitorio, definito dall’art. 35 della Legge finanziaria per l’anno 2002, tuttavia, è stato fatto oggetto dell’apertura di apposita procedura d’infrazione da parte dell’UE per la durata potenzialmente troppo elevata (anche 10 anni), ragion per cui il legislatore è intervenuto per ridefinire forme e tempi del regime transitorio abrogando i commi 2, 3 e 4 dell’art. 35 attraverso l’espressa previene dell’art. 14, comma 3 della L. n. 326/2003, definendo la disciplina del nuovo regime transitorio all’interno dell’art. 113 del TUEL, con l’introduzione dei commi 15-bis, 15–ter e 15- quater.

2. Il nuovo regime transitorio prevede una regola generale (co. 15-bis) e una serie di previsioni di esclusione e differimento. Ai sensi del citato comma: “Nel caso in cui le disposizioni previste per i singoli settori non stabiliscano un congruo periodo di transizione, ai fini dell'attuazione delle disposizioni previste nel presente articolo, le concessioni rilasciate con procedure diverse dall'evidenza pubblica cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2006, senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante. Sono escluse dalla cessazione le concessioni affidate a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato sia stato scelto mediante procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza, nonché quelle affidate a società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano. Sono altresì escluse dalla cessazione le concessioni affidate alla data del 1° ottobre 2003 a società già quotate in borsa e a quelle da esse direttamente partecipate a tale data a condizione che siano concessionarie esclusive del servizio, nonché a società originariamente a capitale interamente pubblico che entro la stessa data abbiano provveduto a collocare sul mercato quote di capitale attraverso procedure ad evidenza pubblica, ma, in entrambe le ipotesi indicate, le concessioni cessano comunque allo spirare del termine equivalente a quello della durata media delle concessioni aggiudicate nello stesso settore a seguito di procedure di evidenza pubblica, salva la possibilità di determinare caso per caso la cessazione in una data successiva qualora la stessa risulti proporzionata ai tempi di recupero di particolari investimenti effettuati da parte del gestore”.
La regola generale è, quindi, la fissazione del 31 dicembre 2006 quale termine di cessazione delle concessioni rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica (gara), mediante affidamento diretto regolato da convenzione predisposta dall’Ente pubblico. Tale termine, per espressa previsione normativa contenuta nello stesso comma 15-bis, trova applicazione solo nel caso in cui le disposizioni previste per i singoli settori (es. gas) non stabiliscano, esse stesse, un congruo periodo transitorio.
Il termine del 31 dicembre 2006, quindi, deve considerarsi quale condizione sospensiva generale ed espressa diretta ad operare ipso iure – in assenza di pronuncia dichiarativa di decadenza della concessione – dal momento che al termine del primo periodo la cessazione della concessione avviene come recita il co. 15-bis “senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante”.

3. Se la regola è importante, essenziali sono le ipotesi di esclusione contenute nel comma 15-bis e, ancor più, quelle di differimento definite nel successivo comma 15-ter. Sono, infatti, escluse dalla cessazione di efficacia, le concessioni di servizi affidate senza esperimento di procedure ad evidenza pubblica in senso proprio a:
- società miste (capitale sociale pubblico-privato) nelle quali il socio privato sia stato scelto mediante procedure ad evidenza pubblica nel rispetto delle norme interne in tema di concorrenza, trasparenza e imparzialità;
- società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici proprietari esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la stessa realizzi la parte più rilevante della propria attività con gli enti che la controllano (affidamento c.d. in house);
- a società quotate – in ordine a concessioni affidate alla data del 1° ottobre 2003 – ed a quelle da esse direttamente partecipate, a condizioni che tali soggetti siano concessionari esclusivi del servizio a rilevanza economica;
- a società originariamente (ossia in sede di costituzione) a capitale pubblico che entro il 1° ottobre 2003 hanno provveduto a collocare sul mercato quote del capitale attraverso procedure ad evidenza pubblica.
Le esclusioni menzionate non implicano l’efficacia sine die delle concessioni che ex art. 113, co. 15-bis, cessano comunque allo scadere del termine calcolato operando la media della durata dei periodi di affidamento delle concessioni aggiudicate nello stesso settore a seguito dell’esperimento di procedure ad evidenza pubblica. Tuttavia, il comma 15-bis prevede una formula di chiusura che si pone quale “eccezione alle eccezioni” in quanto fa salva la possibilità di determinare caso per caso la scadenza della concessione in data successiva a quella fissata dalla predetta formula ove la previsione di tale termine successivo sia “proporzionata” ai tempi di recupero di particolari investimenti effettuati dal gestore.
Per differimento si intendono le ipotesi al verificarsi delle quali la scadenza delle concessioni - al 31 dicembre 2006 - può essere “rinviata” a data successiva ove ricorrano le condizioni di cui al comma 15-ter dell’art. 113; Si tratta, quindi,di una vera e propria proroga della durata della concessione che ritarda la piena operatività della riforma dei servizi pubblici locali a rilevanza economica.
Il comma 15-ter prevede, infatti, che “Il termine del 31 dicembre 2006, di cui al comma 15-bis, può essere differito ad una data successiva, previo accordo, raggiunto caso per caso, con la Commissione europea, alle condizioni sotto indicate:
a) nel caso in cui, almeno dodici mesi prima dello scadere del suddetto termine si dia luogo, mediante una o più fusioni, alla costituzione di una nuova società capace di servire un bacino di utenza complessivamente non inferiore a due volte quello originariamente servito dalla società maggiore; in questa ipotesi il differimento non può comunque essere superiore ad un anno;
b) nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a), un'impresa affidataria, anche a seguito di una o più fusioni, si trovi ad operare in un ambito corrispondente almeno all'intero territorio provinciale ovvero a quello ottimale, laddove previsto dalle norme vigenti; in questa ipotesi il differimento non può comunque essere superiore a due anni”.
Il comma 15-quater, infine, si pone quale norma di chiusura e raccordo dell’intera riforma in quanto definisce le conseguenze della scadenza del periodo transitorio.
In primo luogo ribadisce il divieto generale di cui al comma 6 dello stesso articolo che prevede che alle gare per l’affidamento della gestione e/o erogazione del servizio non sono ammesse a partecipare società che in Italia o all’estero gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non a evidenza pubblica, ovvero a seguito dei relativi rinnovi. Tale divieto si estende alle società collegate o controllate da tali concessionari. Tale esclusione all’ammissione alle gare subisce un’ulteriore eccezione con riferimento alle “prime gare” da espletare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla medesima prima procedura ad evidenza pubblica.
Al termine del periodo transitorio, quindi, l’individuazione del gestore della rete e del singolo servizio a rilevanza economica avverrà attraverso procedure di gara ad evidenza pubblica; questo non implica che i soggetti che hanno in passato gestito il servizio attraverso affidamenti diretti con convenzionamento si vedranno preclusa in futuro la possibilità di continuare la gestione del servizio che già svolgevano o di altri servizi pubblici locali, nessuna normativa sia essa a carattere generale, sia riferita ai settori speciali, dispone in al senso. La liberalizzazione dei settori, implica che i vecchi gestori dovranno partecipare alle gare per l’affidamento della gestione del servizio.
Ciò premesso, appare innegabile come i vecchi gestori godano di un indubbio vantaggio competitivo rispetto agli altri concorrenti derivante da una più profonda conoscenza del settore, dalle economie di esperienza sviluppate, dalla precisa conoscenza dei margini di profitto estraibili, dalle maggiori efficienze operative, dalle modalità di gestione già definite e utilizzate; tutti fattori estremamente rilevanti in sede di aggiudicazione secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che consentono di modulare l’offerta nel modo più preciso possibile sia con riferimento al prezzo che agli elementi qualitativi.
Quanto detto è di tutta evidenza, ad esempio, per quanto concerne il servizio idrico integrato. Il DM 22-11-2001 concernente le “Modalità di affidamento in concessione a terzi della gestione del servizio idrico integrato, a norma dell’art. 20, comma 1, della L. 5 gennaio 1994 n. 36” (Disposizioni in materia di risorse idriche), disciplina, infatti, agli artt. 7 (Disciplina dell’offerta) e 8 (criteri di aggiudicazione) il contenuto generale dell’offerta richiamando quali elementi di valutazione il livello delle tariffe in tutto l’arco di durata della concessione, i miglioramenti del piano economico-finanziario, il miglioramento degli standard e del livello qualitativo dei servizi, il piano di riutilizzo del personale delle gestioni preesistenti, capacità tecnico-organizzativa del soggetto concorrente e della struttura che verrà adibita alla gestione; si tratta evidentemente di elementi meglio conosciuti dal gestore uscente rispetto ai concorrenti per la pregressa esperienza e le conoscenze acquisite nel settore.
Il quadro normativo in materia di servizi pubblici locali è completato in ambito regionale lombardo dalla L.R. 12 dicembre 2003, n. 26 avente ad oggetto la definizione delle modalità di gestione dei servizi (rifiuti, gas, energia elettrica e servizio idrico intergrato) degli obiettivi di gestione non solo in termini economici di efficienza ed efficacia, ma anche sociali (di qualità della vita, tutela della salute e dell’ambiente), nonché, dei controlli sul corretto espletamento degli stessi.
In particolare nella legge sono specificati i criteri di aggiudicazione delle gare per la valutazione del contenuto qualitativo delle offerte nonché, nel Titolo I, i principi e i contenuti dei contratto di servizio (art. 6) quale strumento di disciplina del rapporto ente locale-gestore.

4. Il più recente dibattito in tema di servizi pubblici locali relativi ai c.d. settori speciali si è concentrato sul servizio idrico integrato e su quello di distribuzione del gas. Il principio che ispira l’intervento pubblico in questi ambiti è la garanzia del servizio pubblico a tutela degli utenti, la sicurezza dell’approvvigionamento, l’uso efficiente delle risorse e la protezione dell’ambiente.
In particolare, il settore della distribuzione del gas (al quale l’ordinamento comunitario ha dedicato le direttive 96/62, 99/30 e 2003/55) è specificamente disciplinato dal d.lgs. n. 164 del 2000 (c.d. decreto “Letta”), emanato (sulla base della delega ricevuta con la l. 144 del 1999), in attuazione delle disposizioni contenute nella direttiva comunitaria 98/30/CE, in materia di liberalizzazione delle attività connesse alla produzione, distribuzione e commercializzazione del gas metano.
Con riferimento alla durata del periodo transitorio, l’articolo 15, comma 5, del decreto legislativo n. 164/00, stabiliva che gli affidamenti e le concessioni in essere alla data di entrata in vigore dello stesso decreto legislativo proseguivano fino alla scadenza stabilita se compresa entro i termini indicati al successivo comma 7 per tale periodo transitorio, ossia al 31 dicembre 2005 o, nel caso in cui non fosse stato stabilito un termine di scadenza o fosse stato previsto un termine superiore a tale transitorio, gli stessi affidamenti o concessioni sarebbero proseguiti fino al completamento del periodo transitorio stesso.
Lo stesso articolo 15 prevedeva, inoltre una serie di ipotesi di estensione del periodo transitorio in presenza di specifici presupposti. Il comma 7 prevedeva, infatti che lo stesso può essere incrementato in misura non superiore a:
- a) un anno nel caso in cui, almeno un anno prima dello scadere dei cinque anni, si realizzi una fusione societaria che consenta di servire un'utenza complessivamente non inferiore a due volte quella originariamente servita dalla maggiore delle società oggetto di fusione;
- b) due anni nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a), l'utenza servita risulti superiore a centomila clienti finali, o il gas naturale distribuito superi i cento milioni di metri cubi all'anno, ovvero l'impresa operi in un ambito corrispondente almeno all'intero territorio provinciale;
- c) due anni nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a), il capitale privato costituisca almeno il 40% del capitale sociale.
Il comma 8 prevedeva, infine, - con disposizione di dubbia compatibilità con l’ordinamento comunitario e con la ratio del periodo transitorio - la possibilità di sommare tali condizioni per cui era possibile usufruire in teoria di una proroga di 6 anni della durata della concessione, quindi fino al 31 dicembre 2011 (es. 1+2+2+1 (per motivi di pubblico interesse).
Il decreto Letta è stato modificato dalla l. n. 239/2004 (c.d. Legge Marzano) con particolare riferimento al regime transitorio nell’attività di distribuzione di gas naturale di cui all’art. 1, comma 69.
L’innovazione introdotta dall’articolo 1, comma 69, della legge n. 239/04 prevedeva che il termine del periodo transitorio a cui fa riferimento l’articolo 15, comma 5, del d. lgs n. 164/00, non è più quello stabilito dal successivo comma 7, ma è fissato al 31 dicembre 2007, ragion per cui le stesse concessioni e gli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 164/00 proseguono sino alla loro originaria scadenza, se essa è compresa entro il 31 dicembre 2007. Inoltre, con disposizione non troppo chiara, ha abrogato la precedente disposizione di cui al comma 8 dell’art. 15 del decreto Letta che consentiva, come detto il cumulo delle ipotesi di proroga e stabilito che in ogni caso, anche per gli affidamenti avvenuti con gara pubblica ai sensi del comma 9 dell’art. 15, il periodo transitorio non può superare il 31 dicembre 2012.
Il citato art. 1 comma 69, della legge n. 239/04, infine, faceva sempre salva la possibilità degli enti locali di prorogare la durata delle concessioni per un ulteriore anno rispetto al termine del periodo transitorio per ragioni di pubblico interesse e quindi, fino al 31 dicembre 2008.
La novella realizzata della legge Marzano con riferimento alla portata della proroga al 31 dicembre 2007 ed alla possibilità di ulteriori estensioni pur non più cumulabili è stata affrontata e risolta in termini antitetici dal Ministero delle attività produttive, nei“Chiarimenti” forniti con circolare 10 novembre 2004 n. 2355 e dal giudice amministrativo (TAR Lombardia, sez. Brescia, sentenze nn. 111, 142, 411 e 560 del 2005 e ord. n. 792 del 2005; Cons. Stato, V, ord. 11 ottobre 2005 n. 4850 e VI, sent. 7 novembre 2005 n. 6187).
Il primo, con la menzionata circolare, ha proposto una lettura ampia della norma, sostenendo il carattere generalizzato della proroga al 2007, suscettibile pertanto di ulteriori dilazioni nelle ipotesi, pur non più cumulabili, di cui all’art. 15 comma 7 del decreto, che prevede a sua volta specifici incrementi temporali, di durata annuale o biennale (concepiti alla stregua di “misure premiali”) in favore delle imprese, affidatarie o concessionarie.
Di contro, la giurisprudenza ha abbracciato una lettura estremamente rigorosa della novella del 2004, escludendo di conseguenza (fuori dalle ipotesi di cui al co. 9, già affidate con gara) ogni possibilità di protrarre le nuove gestioni oltre il termine del 31 dicembre 2007, risultante in alternativa, dalla eventuale decisione del comune di avvalersi della proroga ex lege oppure dall’applicazione di una delle proroghe biennali (quella annuale farebbe invece cessare la gestione al 2006) previste dal comma 7. Secondo il TAR (sent. 111 cit.), al nuovo termine massimo del 31 dicembre 2007 non sarebbe poi neppure applicabile la proroga per ragioni di pubblico interesse espressamente “fatta salva” dall’art. 69 comma 1 della l. 239 cit.
Tuttavia, è evidente come si ponga un problema di affidamento per le imprese che, ai sensi dell’art. 15 comma 8 prima, e della circolare Marzano poi, hanno effettuato onerose operazioni per acquisire tutti i requisiti per le estensioni della durata della concessione di cui alle lettere a, b, e c della suddetta disposizione.
Sembra in questi casi condivisibile la posizione del Ministero, che, nella medesima circolare, afferma che quanti, alla data di entrata in vigore della legge dell’art. 69, avessero già maturato i requisiti per i predetti incrementi temporali, possono ancora cumularli, proseguendo la gestione del servizio per complessivi tre-cinque anni dal termine del periodo transitorio.
Sul tema della scadenza del periodo transitorio si è innestato, da ultimo, l’art. 23 del D.L. 30-12-2005 (c.d. Milleproroghe) convertito - con riferimento a questo tema - senza modificazioni sostanziali nella legge n. 51/2006. Tale legge, che non costituisce di certo un’ulteriore novella del decreto Letta posto il carattere palesemente innovativo, dovrebbe fugare i problemi interpretativi del precedente sistema.
La norma testé richiamata, con salvezza di quanto stabilito nel nell’art. 15 comma 9 del decreto Letta (scadenza affidamenti attribuiti mediante gara al 31 dicembre 2012), nei primi due commi testualmente stabilisce: che “1. Il termine del periodo transitorio previsto dall’art. 15, comma 5, del D. Lgs. 23 maggio 2000, n. 164, è prorogato al 31 dicembre 2007 ed è automaticamente prolungato fino al 31 dicembre 2009 qualora si verifichi almeno una delle condizioni indicate al comma 7 del medesimo art. 15. 2. I termini di cui al comma 1 possono essere ulteriormente prorogati di un anno, con atto dell’ente locale affidante o concedente, per comprovate e motivate ragioni di pubblico interesse”.
L’art. 23 ha, in primo luogo, posto la parola fine sulla questione della durata generale del periodo transitorio fissata al 31 dicembre 2007, così come introdotto dalla Legge Marzano seppur con formula infelice ed incerta. Lo stesso articolo ha inoltre puntualizzato in modo inequivoco come la possibilità di proroga massima è di 2 anni in presenza di una delle tre condizioni indicate al comma 7 dell’art. 15.
Con riferimento a quest’ultimo tema la giurisprudenza ha chiarito come - a differenza della proroga annuale per ragioni di pubblico interesse, nella cui concessione la p.a. gode di piena discrezionalità - il “diritto alla prosecuzione risulta pur sempre subordinato alla verifica, da parte della P.A. resistente, della ricorrenza di almeno uno dei presupposti di cui alle lettere a), b) e c) dell’art. 15, comma 7 dell’art. 15 del D. Lgs. n. 164/2000. Si tratta di verifica vincolata (tale il significato, dice la sentenza del TAR Veneto n. 522/2006, del termine “automaticamente”), nel senso che all’amministrazione spetta riscontrare la ricorrenza di almeno una delle menzionate condizioni, dopo di che, nel caso di riscontro positivo, alla stessa non rimane alcun potere decisionale di respingere la richiesta. Come specificato nella medesima sentenza, per effettuare tale verifica vincolata, c’è tempo fino al 31.12.2007”. (TAR Veneto, sent. 15 giugno 2006 n. 1792).
In conclusione può affermarsi che il nuovo quadro normativo dovrebbe realizzare la definitiva apertura concorrenziale del mercato della distribuzione del gas, in quanto l’ultimo termine di vigenza delle concessioni affidate senza procedure ad evidenza pubblica è fissato inderogabilmente al 31 dicembre 2010 (per le imprese che beneficiano della proroga biennale e di quella per motivi di pubblico interesse e al 31 dicembre 2008 per quelle che non soddisfano le condizioni di cui all’art. 15, co. 7 e beneficiano elusivamente della proroga annuale.
Autore: Nicola FERRANTE (amministrativista in Milano e frequentatore del MDPA - Master in Diritto Amministrativo Sostanziale e Processuale - tenuto presso la Just Legal Services di Milano)

Comments: Posta un commento



<< Home

This page is powered by Blogger. Isn't yours?